CANTIERE "DIGA LA HONDA" - URIBANTE - VENEZUELA (1981/1984)
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GLI INCERTI DEL MESTIERE
Traduzione in spagnolo alla fine
Desidero descrivere, seppur sinteticamente, alcune situazioni più o meno interessanti (ma questo lo giudicherete voi), legate al mio lavoro in Venezuela (1981/1984).
In quegli anni e nella zona della diga “La Honda”, sul fiume Uribante, fare il responsabile del personale di circa 2.200 lavoratori sud americani (venezuelani, colombiani, peruviani, ecc) operando con rispetto e con lealtà ma anche con fermezza e determinazione, spesso senza il supporto di chi avrebbe dovuto supportare, non era impresa da poco: impegno elevato ed alcuni rischi da non assolutamente sottovalutare.
Per questi fattori disponevo di una guardia del corpo di nome Guillermo Montbrun., non ufficializzata, in quanto la soluzione era stata gestita direttamente dalla sicurezza. Avevo ottenuto il porto d’armi, su precise istruzioni del giudice del distretto.
Nonostante questo, ho subito, fuori dal cantiere, un tentativo di aggressione da parte di una persona che era stata licenziata per aver commesso fatti gravi, ma per fortuna Guillermo, ex agente dei servizi speciali, era sempre vigile e con il tempo siamo diventati anche buoni amici. Ancora oggi ogni tanto ci sentiamo telefonicamente.
Riprendendo il discorso degli incerti del mestiere, non posso non segnalare quanto successo durante uno sciopero non autorizzato nel settore del movimento terra.
Al mattino presto ero sceso in cantiere assieme ad un ispettore del lavoro allo scopo di constatare l’illegalità dell’evento, in quanto la sospensione del lavoro non era stata preavvisata, come prescriveva la legge. Dopo alcune generiche battute con il personale, si decise di andare ad affrontare il tema in questione nel vicino locale adibito a servizi vari.
Ad un certo punto della discussione con alcuni operatori, è improvvisamente ed inspiegabilmente scoppiato un tafferuglio. Onde evitare che fossi anche malmenato, alcuni sindacalisti, sapendo che io ero estraneo alla causa dello sciopero, si sono interposti tra me ed i manifestanti. In modo particolare devo ringraziare Andres Cardoso, che purtroppo ci ha già lasciato da molto tempo, il quale mi ha improvvisamente spinto fuori dal locale attraverso un bassa finestra aperta, facendomi finire a terra come un sacco di patate. E gli espatriati presenti in zona? Mi si disse che non erano in grado di intervenire. Alla fine me la sono cavata con un po’ di paura ed un po’ di terra sui vestiti.
La riunione è poi ripresa poco dopo negli uffici principali con le rappresentanze sindacali ed alcuni lavoratori, convenendo la immediata ripresa dell’attività lavorativa e senza provvedimento alcuno da parte dell’impresa e dell’ispettorato del lavoro nei confronti degli scioperanti, ma con la garanzia che i motivi di tensione sarebbero stati risolti.
I rapporti con i tre sindacati presenti sul cantiere, che godevano di un forte potere e ascendente sui lavoratori (in realtà più potere che ascendente), in genere erano sempre corretti, anche se a volte hanno raggiunto punte di particolare vivacità; ma solo in rare occasioni il dibattito è degenerato in modo pericoloso.
Ricordo che una volta Horacio Ch.. ha cercato di rovesciarmi la scrivania, ma Guillermo, attratto dal trambusto, è arrivato come un fulmine nel mio ufficio per sedare il contrasto. Quando non erano soddisfatti della trattativa, a volte cercavano contatti più elevati nella speranza di ottenere altro.
E che dire di una supposta imboscata alle 23 di notte lungo la strada estremamente tortuosa, buia e deserta che da San Cristòbal portava al cantiere?
Rientravamo da una riunione sindacale, quando, in prossimità di un paesino chiamato Fundación, alla luce dei fari intravediamo a circa 70/80 metri, in prossimità della curva successiva, un uomo disteso nel mezzo della strada vicino ad un’autovettura ferma, nei cui pressi stazionavano pure un paio di persone. Subito ho pensato ad un incidente stradale.
Il dubbio si è però subito sciolto dopo alcuni spari in aria dal finestrino dell’auto da parte di Guillermo. Ricordo che a lui, che guidava, avevo detto “atención hay un accidente y una persona es en el suelo”, al che lui mi rispose “Esta es una trampa. Mano a las armas!”
Infatti, dopo gli spari, il supposto incidentato grave e i due compari si dileguarono presto tra gli alberi adiacenti alla strada, tanto rapidamente che uno di loro è inciampato rotolando poi giù dal ciglio della strada.
Non abbiamo pensato a rilevare la targa dell’auto abbandonata, vista la fretta che avevamo di lasciare la zona, poiché il minimo che ci sarebbe potuto capitare era quello di essere derubati. Non credo che aspettassero proprio noi, anche se a quell’ora le auto in transito erano praticamente inesistenti.
La situazione più pericolosa durante il lavoro nel cantiere, però, l’abbiamo affrontata io e Lucio Va., mio collaboratore ed amico incaricato delle relazioni industriali.
Arrivati nel cortile dell’ufficio periferico dell’impresa a San Cristòbal, a 120 chilometri circa dal cantiere, mentre apro la porta posteriore dell’auto per prendere la valigetta con i documenti, un bel "mapanare" (in italiano “ferro di lancia”), serpente estremamente aggressivo, velenoso e mortale, scende strisciando dall’auto. Passato lo spavento iniziale, dovuto non solo alla sorpresa, ma anche al fatto di essermi reso conto di aver fatto un viaggio di circa due ore, e di oltre duecento curve, insieme a un serpente così pericoloso. In un attimo io e i due impiegati dell’ufficio ci siamo avventati sul rettile e con ogni cosa che avevamo a portata di mano, lo abbiamo reso definitivamente inerte.
Per riprenderci, poi, abbiamo dovuto bere un bel caffè, abbondantemente corretto con Ron Pampero. La domanda che ci siamo posti diverse volte è stata: il serpente era entrato nell’auto (cosa poco probabile) o ce l’avevano messo? L’auto aziendale era quella di Lucio. Una risposta certa non l’abbiamo mai trovata, però alcune precise idee ovviamente le abbiamo avute.
C’è stato poi il lavoro sotterraneo che ha portato alla scoperta di un covo di guerriglieri nel campamento Paradero del personale locale, che cadeva sotto la mia responsabilità attraverso Tony Du., ottimo e quanto mai valido collaboratore.
La basista era una impiegata dell’ufficio personale locale: Ci.
Per questa ed altre operazioni che qui non cito, ho avuto la nomina di agente onorario della Guardia Nacional, paragonabile più o meno al corpo dei nostri carabinieri.
A proposito del Paradero, quanti capi italiani saranno andati a visitarlo? In oltre quattro anni io ne ho visti ben pochi, dirigenti naturalmente nessuno.
Prima di rientrare in Italia, a cantiere ormai quasi ultimato, ho venduto il mio revolver. Dopo di che, per ragioni lavorative, la partenza è stata rinviata di qualche mese. Saputo questo, il giudice, a conferma di potenziali rischi legati a questo lavoro, ha insistito per prestarmi la sua 38 S.W. fino al momento in cui sarei rimasto in cantiere. E così è stato.
Questi sono i pochi episodi che al momento mi sono venuti alla mente, ma a pensarci su bene, ne potrei descrivere a decine, con il rischio, però, di annoiare chi magari leggerà questo libro. Gli aspetti e gli eventi positivi, comunque, hanno superato di gran lunga tutti gli altri.
Aggiungo che di queste e di molte altre situazioni l’alta direzione del cantiere era quasi sempre all’oscuro. Preferivo trattare con gli organi di sicurezza, con il mio personale venezuelano, particolarmente valido, con il servizio del personale locale e con la vigilanza e controllo di sicurezza interno.
Nonostante ciò ho girato liberamente in lungo ed in largo, sia in Venezuela che in Colombia; ho frequentato molte persone del posto e mi sono fatto veramente tanti amici venezuelani, oltre, ovviamente, a qualche nemico, sicuramente però più fra gli espatriati che fra i locali.
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LOS INCIERTOS DEL OFICIO
Quiero describir, aunque sucintamente, algunas situaciones más o menos interesantes (pero esto lo juzgaran ustedes), relacionadas con mi trabajo en Venezuela (1981/1984).
En esos años y en la zona de la presa "La Honda», sobre el río Uribante, hacer el responsable del personal de aproximadamente 2.200 trabajadores sudamericanos (venezolanos, colombianos, peruanos, etc) actuando con respeto y con lealtad pero también con firmeza y determinación, muchas veces sin el soporte de quién debía apoyar, no era poca cosa y fácil: compromiso elevado y algunos riesgos de no subestimar absolutamente.
Para estos factores tenía una guardia del cuerpo de nombre Guillermo Montbrun., No formalizada, ya que la solución había sido gestionada directamente por la seguridad. Yo había obtenido el el permiso de porte de armas, bajo precisas instrucciones del juez del distrito.
A pesar de esto, he sufrido, fuera de la obra, un intento de agresión por parte de una persona que había sido despedida por haber cometido hechos graves, pero por suerte Guillermo, ex agente de los servicios especiales, era siempre vigilante y con el tiempo nos hemos convertido también en buenos amigos. Incluso hoy en día a veces nos sentimos por teléfono.
Retomando el discurso de los inciertos del oficio, no puedo no señalar lo ocurrido durante una huelga no autorizada en el sector del movimiento de tierra.
Temprano a la mañana yo estaba abajo en la obra, junto con un inspector de trabajo con el fin de establecer la ilegalidad del evento, En cuanto la suspensión del trabajo no se había dado aviso previo, como establecía la ley. Después de algunas genericas palabras con el personal, se decidió de ir a abordar el tema en cuestión en el vecino local destinado a servicios diversos. A un cierto punto de la discusión con algunos operadores, de repente e inexplicablemente estalló una pelea. Para evitar que estuviera también maltratado, algunos sindicalistas, sabiendo que yo era ajeno a la causa de la huelga, se interpusieron entre los manifestantes y yo. De manera particular debo agradecer a Andres Cardoso, que lamentablemente ya nos ha dejado desde hace mucho tiempo, el cual de repente me empujo a fuera del local a través de un ventana baja que estaba abierta, haciéndome pero caer a tierra como una bolsa de patatas. Y los expatriados presentes en la zona? Se me dijo que no eran capaces de intervenir. Al final terminè con un poco de miedo y un poco de tierra en el traje. La reunión Se reanudò poco después en las oficinas principales con las representaciones sindicales y algunos trabajadores, nos acordamos en la inmediata reanudación de la actividad laboral y sin medida alguna por parte de la empresa y de los inspectores del trabajo con respecto a los huelguistas, pero con la garantía de que los motivos de tensión habrían sido resueltos.
Las relaciones con los tres sindicatos presentes en la obra, que tenían un fuerte poder y ascendente sobre los trabajadores (En realidad más poder que ascendente) en general siempre fueron correctos, aunque si algunas veces alcanzaron puntas de particular vivacidad; pero sólo en raras ocasiones el debate degeneró en forma peligrosa. Recuerdo que una vez Horacio Ch. intentó volcar mi escritorio, pero Guillermo, atraído por el ruido, llegó como un rayo a mi oficina para relajar el contraste. Cuando no estaban satisfechos con la negociación, a veces buscaban contactos más altos en la esperanza de obtener lo que deseaban y más aun.
Y qué decir de una supuesta emboscada a las 23:00 hs a lo largo de una carretera muy tortuosa, oscura y solitaria que de San Cristòbal llevaba a la obra?
De regreso de una reunión sindical, cerca de un pueblo llamado Fundación, a la luz de los faros vemos a aproximadamente 70/80 metros, en proximidad de la curva siguiente, un hombre distendido en medio de la carretera cerca de un auto parada, en cuyos alrededores habian también un par de personas. Enseguida pensé en un accidente de tráfico. La duda, sin embargo, se disolvió inmediatamente después de un par de disparos al aire desde la ventanilla del auto efectuados por Guillermo. Recuerdo que a él, que manjaba, yo le había dicho “atención hay un accidente y una persona es en el suelo”. Al que él me contestó “Esta es una trampa. Mano a las armas!” En efecto, después de los disparos, el presunto herido grave y los dos compinches desaparecieron inmediatamente entre los árboles adiacentes la carretera, tan rápidamente que uno de ellos rodó cuesta abajo. Ni siquieras nos ocurió de anotar la placa de matrícula del auto abandonado, vista la “prisa” que teníamos en dejar la zona, ya que lo mínimo que nos hubiese podido ocurrir era el de ser asaltados. No creo que estuviesen esperando precisamente a nosotros, aunque a esa hora los autos en tránsito eran prácticamente inexistentes.
La situación más peligrosa durante el trabajo en la obra, sin embargo, la hemos experimentada Lucio Va., mi colaborador y amigo, encargado de las relaciones industriales y yo. Llegados en el patio de la oficina periférica de la empresa en San Cristòbal, a 120 kilómetros aproximadamente desde la obra, mientras yo abrì la puerta trasera del auto para tomar el maletín con los documentos, un bello "mapanare”, serpiente muy agresivo, venenoso y mortal, desciende rastreando desde el auto. Pasado el susto inicial, debido no sólo a la sorpresa, sino también al hecho de haberme dado cuenta de haber hecho un viaje de aproximadamente dos horas, y con más de doscientos curvas, junto a un serpiente tan peligroso. En un momento dos empleados de la oficina y yo nos precipitamos sobre el rettile y con cada cosa que teníamos al alcance de la mano, lo golpeamos hasta que quedó definitivamente inerte. Luego para recuperarnos tuvimos que beber un café fuerte, abundantemente corregido con ron Pampero. La pregunta que nos hemos planteado varias veces fue: el serpiente había entrado nell'auto (cosa poco probable) o alguien lo había puesto? El auto empresarial era en uso de Lucio. Una respuesta cierta nunca la encontramos, sin embargo, algunas sospechas precisas naturalmente las hemos tenido.
Luego estuvo el trabajo subterráneo que llevó al descubrimiento de un nido de guerrilleros en el campamento Paradero del personal local, que era bajo mi responsabilidad a través de Tony Du., excelente y válido colaborador. La complice era una empleada de la oficina de personal local: Ci. Para esta y otras operaciones que aquí no cito, he tenido el nombramiento de agente honorario de la Guardia Nacional, comparable más o menos al cuerpo de nuestros carabineros.
A propósito del Paradero, cuántos jefes italianos habrán ido a visitarlo? En más de cuatro años yo he visto muy pocos, dirigentes practicamente ninguno.
Antes de regresar a Italia, con la obra ya casi terminada, vendì mi revólver. Después por razones laborales, la partida se retrasó de algúnos meses. Sabido este, el juez, a confirmación de posibles riesgos vinculados a este trabajo, ha insistido para prestarme su 38 S. W. hasta el momento en que me habría quedado en la obra. Y así fue.
Estos son los pocos episodios que al momento me vinieron a la mente, pero a pensarlo bien, podría describir hechos a decenas, con el riesgo, sin embargo, de aburrir a quien, quizás, leerá este libro. Los aspectos y los eventos positivos, sin embargo, han superado significativamente los negativos, que en realidad estos últimos fueron muy pocos.
Añado que de estas y muchas otras situaciones la alta dirección de la obra casi nunca venia a conocimientos. Yo prefería tratar con los órganos de seguridad, con mi personal venezolano, particularmente válido, con el servicio del personal local, con la supervisión y control de seguridad interior y con el control mano de obra.
A pesar de esto he girado libremente en lo largo y a lo ancho del pais, tanto en Venezuela como en Colombia; he seguido muchas personas del puesto y he tenido y tengo realmente tantos amigos venezolanos, además, por supuesto, a algún enemigo, sin duda pero más entre los expatriados que entre los locales.
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07/2015
Descansa en paz amigo Guillermo Montbrun!
El hijo escribió:
“Gracias a todos grandes amigos y amigas de mi padre. El hablaba muchos de ustedes cuando compartió con ustedes.”
+ 10.05.2016
Me quedé muy emocionado y triste en el aprender de manera
totalmente aleatoria por tu repentina e imprevista muerte, Luis Enrique Lindarte Santaella querido amigo y gran compañero de trabajo en la construcción de la Presa La Honda - Uribante,
Venezuela..
Has sido un grande, leal y experto colaborador. Me has ayudado realmente tanto
en la gestión del personal de aquella obra.
Has sido un gran hombre!
Lamentablemente no hemos tenido la oportunidad de encontrarnos
después de que yo he vuelto en Italia a
finales de trabajos, pero la amistad no se había apagada incluso después de más de 30 años.
A todos tus familiares van todas mis condolencias.
Descansa en
paz querido amigo!
+ 13.05.2017
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Roberto Triguez (lunedì, 14 maggio 2018 01:36)
En la convicción de que solo encontraría relatos en otros idiomas y no en español, no había intentado leer mas abajo y hoy con un poco mas de relax y hurgando encuentro Giuliano tu escrito, Por demás entretenido e ilustrativo de tu pasar en venezuela. Felicitaciones, por ello, y por haberlo puesto aquí a disposición. Un abrazo amigo
Giuliano Barbonaglia (venerdì, 13 gennaio 2017 00:42)
Grazie Sandro per questo tua analisi e considerazioni circa la mia storia che ho qui raccontato.
Tu che hai respirato l'aria di molti cantieri esteri, di storie da raccontare ne avrai sicuramente parecchie. Quindi ti invito a scriverne una da inserire nel prossimo eBook, il sesto prodotto dal ns. gruppo.
Un cordiale saluto. Ciao.
sandromontaldi (giovedì, 12 gennaio 2017 08:02)
Ciao Giuliano, stanotte ho avuto modo di leggere le tue disavventure vissute in Venezuela, alla fine ogni cantiere ha i suoi risvolti sia in positivo che in negativo, sia per ambiente oppure per le culture dei locali ed espatriati vari, ognuno con i suoi punti di vista, con collaboratori a vario titolo e la benzina trainante sul lavoro sono sempre i problemi che non ti aspetteresti ma che ahimè avvengono. Scioperi improvvisi, incidenti, ammutinamenti e vari. Certo che il ferro di lancia che viaggia a bordo con tre persone mette ansia...anche se ho vissuto poco nell'ambiente estero un po in Honduras e qualche mese tra Francia e Germania dovro' impegnarmi anch'io a provare a raccontare qualche episodio ispirato dalla tua scorrevole e piacevole semplicità nel descrivere fatti e persone. Mi è piaciuto davvero, poi anche i piccoli commenti a tanti fatti e persone fanno rivivere con brivido le emozioni passate..buona serata amico mio.
Giuliano Barbonaglia (mercoledì, 11 gennaio 2017 22:01)
Muchas gracias a ti Plutarco.
Un saludo cordial.
plutarco cano (mercoledì, 09 dicembre 2015 22:33)
Yo trabajé en la presa la Honda en 1980 y en los tuneles de captación, la central San agatón , Tunel de Trasvase, desde 1980 a 1984, como Electricista Montador , con los italianos Marcelo Maiz y Maurizio Pozza, muy buenos amigos y profesionales competentes. Aún los recuerdo pero no sé donde esten ahora. Si estan en su lista, por favor ,comuniqueme su dirección,muchas gracias por su relato.
Umberto Valle (lunedì, 10 agosto 2015 23:57)
Molto, ma molto interessante!
Giuliano Barbonaglia (martedì, 25 dicembre 2012 21:22)
Gracias Yoleida Gil.
Un saludos muy cordial. Le deseo una FELIZ NAVIDAD y un gran 2013 lleno de salud y de prosperidad!
Yoleida Gil (sabato, 08 dicembre 2012 15:32)
hola Sr. Giuliano, que interesante esto que cuenta, puesto que a veces se oye a personas que vivieron en esa época dentro de la construcción de la represa y en el mismo pueblo decir que uds llevaban una vida muy "buena y tranquila". por eso siempre es bueno conocer las dos caras de la moneda. gracias por sus fotografias y comentarios, nos dan una muestra excelente de nuestra historia